PIWI, il nuovo mondo delle varietà resistenti
Avete mai sentito parlare di vini da varietà Piwi? Noi ci siamo davvero appassionati a questarealtà e vogliamo spiegarvi il perché. La storia Piwi è
Parlare di Lambrusco rimanda spesso ad un immaginario collettivo ancorato nel passato, fatto di vini rossi frizzanti, un pò grossolani e da consumare rigorosamente nelle occasioni più frugali.
Questa varietà, antica e nobile, ha in realtà un legame millenario con l’Emilia.
Pare che i primi tentativi di domesticazione della vite selvatica nelle regioni padane, che daranno poi vita alla famiglia dei vitigni che noi oggi chiamiamo Lambruschi, siano avvenuti ancor prima della colonizzazione greca dell’Italia meridionale del X secolo a.C.
Nel medioevo, Matilde di Canossa vinse la battaglia di Sorbara lasciando del vino lambrusco nel castello assediato dalle truppe nemiche che, inebriandosi, caddero nel sonno e furono incapaci di combattere. Una vera stratega.
Fu solo a fine ‘800, grazie alle nuove tecnologie, che si iniziarono a delineare le diverse varietà di lambruschi e a studiarne le peculiarità.
La rivoluzione inizia così, con la ricerca che cambia radicalmente lo scenario del vino emiliano.
Oggi la parola Lambrusco indica un vino che può essere prodotto da una famiglia di dodici vitigni a bacca nera.
Tra questi, il Sorbara è senza dubbio tra le varietà più affascinanti e difficili da domare.
Il Lambrusco di Sorbara ha infatti un grappolo che presenta, a seconda dell’annata, un diverso grado di acinellatura (alcuni chicchi del grappolo non si sviluppano appieno). Questo fenomeno è dovuto ad una anomalia floreale propria del vitigno – i fiori femmina e gli stami ritorti lo rendono sterile. In vigna, per ovviare a questa peculiarità genetica, si alternano filari di Sorbara a filari di Lambrusco Salamino che funge da impollinatore.
Per riassumere, il Sorbara regala vendemmie scarse in quantità ma di altissima qualità.
Il Sorbara spumante di Marco Bottura è l’interpretazione moderna di questo vitigno. L’idea è stata quella di produrlo in versione metodo classico, con una rifermentazione totale in bottiglia, in modo da ottenere una bollicina fine e persistente ed esaltare al massimo la spiccata acidità tipica dell’uva.
Il colore è concentrato, sulle sfumature di un rosso rubino chiaro. Confettura di fragole, prugne fresche, lamponi e petali di viola si alternano nel calice. Il sorso è piacevole, effervescente, con un finale secco e fruttato.
In tavola è un vino divertente che si presta ad abbinamenti molto diversi tra di loro. Per un aperitivo all’emiliana, fa magie con salumi e gnocco fritto.
Ma anche verdurine fritte, uno spaghetto al ragù di pesce, branzino al forno o una lasagna vegetariana…
Un’unione tra storia e tecniche produttive moderne per uno spumante libero da convenzioni.
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